La guerra, la Resistenza, il fascismo

25 Aprile: giornata della Liberazione dell’Italia dall’inferno nazifascista; qualcuno sta cercando di impedirci di continuare a festeggiare questa ricorrenza così importante ma non si può cancellare la memoria, bisogna continuare a ricordare, a parlarne e insegnare alle nuove generazioni quello che è stato, che l’odio genera solo altro odio, che il Fascismo impediva non solo la vita ma anche il libero pensiero.

Prendiamoci qualche minuto per fermarci nei luoghi della memoria con un fiore, una bandiera, un fazzoletto per ricordare con riconoscenza e gratitudine chi ha dato la vita per noi e fu obbligato a fare la guerra per far sì che il paese fosse libero, perché come ha scritto Primo Levi nella prefazione di “Se questo è un uomo” quando il pregiudizio finisce col prevalere sul giudizio, al fondo della strada c’è il lager.

Vorrei riprendere le testimonianze di tre grandi uomini, simbolo di lotta e tenacia, orgoglio Pianorese; sono articoli scritti sul Punto di qualche anno fa, ma purtroppo questi tre nostri concittadini oggi non ci sono più e non possono scendere in piazza a raccontarci le loro storie e quello che hanno dovuto passare, ma ci hanno lasciato i loro racconti che noi dobbiamo custodire e tramandare.

Luciano Laurenti, detto Morgan, classe 1924, settima divisione della Brigata Garibaldi, superstite della prima repubblica democratica di Montefiorino, a sud di Parma, fondata dal Comandante Mario Ricci, detto Armando; un giovane militare ventenne che ha fatto la resistenza.

All’epoca dello scoppio della guerra ero molto giovane, andavo a scuola, mi piacevano le ragazze, avevo le normali aspettative di un  ragazzino di quell’età, non pensavo di certo che di lì a poco tutto sarebbe cambiato… quando iniziò il secondo conflitto mondiale non ne fui certo entusiasta, ero arruolato militare con il rischio di essere mandato a combattere al fronte, ma sbarcarono gli alleati americani, vi fu la firma dell’armistizio da parte del Generale Badoglio seguito poi dal proclama fascista di Mussolini che, liberato dai paracadutisti tedeschi, ricostituiva lo Stato fascista fondando la Repubblica di Salò, a quel punto si formò la mia coscienza politica, e la resistenza fu un passo spontaneo: sono diventato partigiano per non essere arruolato dai tedeschi.

Il proclama stabiliva che i soldati italiani che avevano abbandonato il loro comando dovevano ripresentarsi, chi non lo faceva sarebbe stato considerato un disertore, punito con la fucilazione o l’impiccagione; a quel punto decisi di scappare sulle montagne per unirmi agli altri disertori ad organizzare e realizzare la resistenza.

La nostra missione era quella di attaccare i convogli sulla linea Giardini, convogli diretti verso la Linea Gotica, dopo la Garfagnana, il nostro problema erano i rifornimenti di munizioni che mancavano, sempre.

Vi fu un tentativo di tregua da parte dei tedeschi, tregua che noi non accettammo… pertanto il 30 Luglio del 1944 i tedeschi ci attaccarono con due divisioni, circondandoci su tutti i fronti, abbiamo resistito per tre lunghi giorni, fino all’esaurimento di tutte le munizioni; non potevamo arrenderci, perché arrendersi avrebbe significato finire impiccati. Dopo aver subito molte perdite, la mia formazione guidata dal comandante Vincenzo Monti è riuscita a sfondare sulla linea Giardini, e dopo aver camminato a lungo tra i monti dell’Appennino modenese siamo giunti sul Monte Acuto delle Alpi, dove ha messo base la nostra formazione, mentre le altre formazioni si sono sparse un po’ ovunque sul territorio.

Partecipai alla liberazione di Vidiciatico e anche al tentativo di conquista di Montebelvedere, che nonostante il supporto dei soldati brasiliani nostri alleati, finì, purtroppo, con un esito negativo… successivamente chiesi il congedo.

Alcune immagini sono ancora nitide, ricordo bene i volti di alcuni amici e compagni, come il Comandante della nostra formazione Vincenzo Monti, con cui sono rimasto in buoni rapporti anche dopo la fine delle guerra, Torino e il Pistoia, soprannomi derivanti dal luogo di provenienza, amici persi sul campo, e anche una ragazza, una “staffetta”, molto graziosa, non l’ho mai più rivista, che mi confezionò un fazzoletto tricolore, sul quale aveva ricamato le lette B e G, Brigate Garibaldi, che conservo ancora oggi e indosso ogni 25 Aprile.

Estenio Mingozzi, Architetto poeta, scrittore, nipote del deputato socialista Gaetano Pilati, ucciso dai fascisti a Firenze nel 1925. Dopo l’8 Settembre deportato in Olanda e Polonia

Ricordi dai lager:

La mia bandiera era poco più piccola di un asciugamano…  decidemmo di preparare una bandiera perché volevamo essere i primi ad alzarla una volta usciti dal lager, prima dei francesi, dei polacchi, prima di tutti.

Per il bianco non vi furono problemi, una maglietta bianca ce l’avevamo tutti, anche per il rosso fu facile trovare qualcosa, ma il verde fu un dramma… avevamo trovato solo un paio di calzettoni di un alpino che avendo solo quel paio non li voleva certo cedere, allora facemmo una colletta, di patate, per comprare un paio di calzini bianchi da chi ne aveva due paia; ai calzettoni aggiungemmo poi un fazzoletto verde.

A quel tempo la lega non l’avevano ancora inventata, se no il verde non sarebbe stato un problema…

Cucivamo la bandiera di notte e di giorno la nascondevamo, sempre con la paura di essere scoperti dalle guardie, che se l’avessero trovata ci avrebbero puniti con la fucilazione…. Ma riuscimmo a cucirla e la prima bandiera che salì sulla torre del lager fu quella Italiana.

Enzo Zuffi (1951 al 1960 vice sindaco di Silvio Mucini e fino al 1966 con incarichi di Giunta):

Ricordare il 25 aprile, festa e vittoria della lotta antifascista e della lotta partigiana è una cosa grande che non possiamo dimenticare.

Credo che non solo una volta , ma tutti i giorni dell’anno andrebbe fatto, per ciò che essa ha rappresentato; per i milioni di uomini e donne del nostro paese.

Non dimenticare che le radici della nostra Repubblica, della nostra Costituzione.

I contenuti di essa come la libertà, la democrazia, l’uguaglianza fra gli uomini sono stati al centro della battaglia antifascista e partigiana.

Sono trascorsi oltre sessant’anni, più di mezzo secolo, ma episodi come questi ritengo non possiamo dimenticarli.

Il 28 Dicembre 1943, al poligono di tiro di Reggio Emilia venivano trucidati i sette fratelli Cervi, simbolo di una generazione che aveva scelto di prendere in mano le armi per restituire la libertà all’Italia.

Credo che sia utile ricordarlo e non dimenticare. Se dopo tanti anni ci sono ancora uomini al governo e nelle istituzioni che ritengono che non serva ricordare questo avvenimento una ragione c’è, ma credo anche che le forze democratiche che si riconoscono nei valori e nei contenuti che sono stati al centro della lotta di liberazione, debbano continuare a sostenere questi valori. Sessantasei anni fa la lotta di liberazione fece levar le armi in mano, ma lo fece per metter fine ad una guerra che aveva provocato milioni di morti, perchè il mondo non conoscesse più gli orrori di una guerra mondiale. La mia generazione sente ancora l’urlo di milioni di persone che in quei primi giorni di libertà gridavano <<mai più una guerra!>>. Con ciò che avviene nel mondo, dopo tanti anni sono convinto che faremmo bene a non dimenticare chi nell’autunno del 1943 salì in montagna per far sì che il mondo non vivesse più giorni così terribili. La Storia ci ha insegnato che la pace, la libertà, la democrazia, i diritti fondamentali dell’uomo, non sono conquiste che una volta ottenute valgono per sempre; vanno coltivate e alimentate di giorno in giorno.

Come quell’urlo di 66 anni fa che oggi ci sembra di nuovo così vicino e che non dev’essere dimenticato.

Non dimenticare mai che, chi oltre 60 anni fa fece la scelta di mettere in gioco la propria vita, lo fece perchè voleva costruire un paese capace di dare certezze, speranze di futuro a tutti gli italiani. Mi reputo orgoglioso di essere cittadino italiano e cittadino di Pianoro, dove la migliore gioventù scelse la resistenza. È in primo luogo grazie a loro se il nostro paese ha conosciuto uno sviluppo ed un progresso sociale, civile e democratico. Credo che tutti insieme dobbiamo fare unno sforzo a non dimenticare, soprattutto le nuove generazioni che guardano al loro futuro con poche certezze. Ricordare sempre queste gloriose pagine della nostra storia, della guerra di liberazione per far si che  questi valori siano motore della nostra storia e del nostro futuro.

 

W il 25 Aprile! W la resistenza! W l’Italia!

Pranzo Resistente, grande successo

Grande successo per il pranzo Resistente organizzato dalla sezione A.N.P.I. di Pianoro per finanziare le uscite didattiche delle classi quinte delle scuole primarie del Comune al Sacrario di Sabbiuno, progetto che Sindaco e Vicesindaco seguono personalmente trasformandosi in guide ad ogni primavera ormai da 9 anni per raccontare ai bambini le barbarie di quel lontano dicembre 1944 e per finanziare il trasporto dei ragazzi delle classi terze delle scuole secondarie di primo grado (ex scuole medie) a Monte Sole.

L’amministrazione comunale di Pianoro ha tenuto a ringraziare chi ha accolto l’invito dell’A.N.P.I. ed ha partecipato al pranzo,  chi si è dedicato alla cucina, oltre ai tanti commercianti pianoresi che hanno con i propri doni permesso una bellissima estrazione di autofinanziamento e chi non ha partecipato ma ha voluto ugualmente sostenere l’iniziativa con un contributo economico.

La speranza è, come ha dichiarato l’assessore Filippini, “che questa iniziativa prosegua anche i prossimi anni perché è importantissimo fare conoscere a più giovani cosa è successo sulle nostre colline per fare in modo che non accada mai più”.