La caccia a Pianoro e nel Parco dei Gessi, una serata coinvolgente e informativa

Una sala gremita di persone, lunedì 11 febbraio, a Botteghino per l’iniziativa organizzata dalla redazione de “Il Punto” di Pianoro per confrontarsi sul delicato tema della caccia nel comprensorio pianorese e del parco dei Gessi.

Un momento di condivisione e dibattito su un tema di stringente attualità, che presenta risvolti normativi importanti.

Le tematiche trattate durante la serata sono state tante, la dott.ssa Maria Luisa Zanni, funzionaria del Servizio attività faunistico-venatorie e pesca della Regione Emilia-Romagna, ha aperto la serata ricordando come dal 2016 le competenze in materia di caccia sono passate alla Regione, mentre “tutte le competenze degli Enti Parco sono rimasti agli enti che condividono le loro politiche con la Regione”.

Come avviene quindi la definizione degli spazi destinati alla caccia e alla gestione della fauna? “È’ la Regione a definire – ha detto la Zanni – gli obiettivi e tutti i gestori del territorio devono tendere a quegli obiettivi. Sono la Regione e le A.T.C. (ambiti territoriali di caccia) a farsi carico dei danni causati dalla fauna all’interno delle aree protette”.

“Storicamente – ha poi spiegato – tutta la fauna considerata nociva per l’agricoltura e alle attività umane veniva abbattuta, ma alla fine degli anni ‘70 anche in Italia è arrivata una legge a tutela della fauna selvatica. Dopo la seconda guerra mondiale c’è stato un fenomeno migratorio verso la città e la fauna selvatica ha trovato terreno favorevole per proliferare. Recentemente, invece, l’inserimento di specie non autoctone di cinghiale – animali provenienti dall’est che si riproducono più volte all’anno, più grossi e molto resistenti – ha comportato una crescita del numero di capi anche del 250% all’anno, nonostante il Piano Faunistico Venatorio stilato dalla Regione ER ne preveda l’abbattimento di circa 7.000 ogni anno”.

Malgrado le opere di prevenzione e i finanziamenti ingenti, l’impatto distruttivo nelle colture rimane importante e di difficile risoluzione, così come l’aumento degli incidenti stradali causati proprio dagli ungulati.

Durante la serata sono poi intervenuti il Presidente dell’A.T.C. Bologna 2 Sergio Ventura, che ha illustrato le grosse difficoltà di gestione della caccia all’interno delle A.T.C., in quanto la maggior parte delle aziende agricole presenti sul territorio pianorese ricade proprio in questi ambiti e i cacciatori che garantiscono i prelievi sono squadre di volontari che diminuiscono e invecchiano di anno in anno e Fabrizio Lazzarini, proprietario dell’azienda faunistico-venatoria San Salvatore di Casola, che ha illustrato i cambiamenti della fauna locale, i diversi tipi di caccia (stanziale, girata, di selezione) e come questa avviene all’interno della riserva. Lazzarini ha sottolineato che per le aziende faunistico-venatorie sono presenti anche obblighi di miglioramento ambientale.

È stato poi ricordato che la caccia è aperta nel periodo che va dal 15 ottobre al 15 gennaio, ma che la caccia di selezione al cinghiale è aperta tutto l’anno (eccetto da metà marzo a metà aprile), precisando che sul sito delle Regione ER è possibile consultare il Calendario Venatorio.

Per quanto riguarda il Parco dei Gessi e dei Calanchi dell’Abadessa, è intervenuto il Presidente Sandro Ceccoli che ha illustrato la complessa realtà che vede sul proprio territorio più di diecimila residenti ed anche attività antropiche di varia natura, tra cui quelle agricole, sottolineato ulteriormente la difficoltà degli interventi per il contenimento dei danni causati dall’aumento delle specie invasive.

Un intenso dibattito ha fatto seguito alle relazioni. Evidentemente gli obiettivi descritti nel piano faunistico venatorio regionale, approvato lo scorso novembre e che resterà in vigore per i prossimi 5 anni, per il raggiungimento della cosiddetta “soglia di danno tollerabile”, allo stato attuale dell’arte sono ancora lontani dall’essere raggiunti. In particolare il Parco dei Gessi si è dato come obiettivo il raggiungimento di massimo 2 capi per mq (per un totale di 100 capi nel suo areale); tutti i relatori hanno convenuto sul fatto che per il raggiungimento degli obiettivi l’azione coordinata risulta di fondamentale importanza, serve la collaborazione di tutti gli enti operanti sul territorio. La regione Emilia-Romagna inoltre sta collaborando da tempo con le Università al fine di elaborare metodi di prevenzione che possano essere alternativi e meno invasivi della caccia come la sterilizzazione delle femmine, metodi che ad oggi però risultano ancora in fase di studio.

Come redazione de Il Punto ci prefiggiamo di dare un seguito alla serata, monitorando l’effettivo raggiungimento degli obiettivi, e di coinvolgere altri portatori di interessi per l’organizzazione di un’altra iniziativa per un’analisi della tematica a 360 gradi.